Attendere…

Mussa che tornò nel deserto

  • Autore: Luca Iotti
  • Written: 12/06/2023

Il protagonista silenzioso di questa storia è Mussa, un Tuareg, che mosso da un grande amore per il suo popolo, con coraggio e determinazione, decide di creare condizioni di vita migliore per la sua comunità. Bambini nel Deserto lo conosce, ascolta il suo sogno e decide di sostenerne la realizzazione.


Nel 2011 Mussa fugge dalla Libia in guerra. Lì era emigrato fin da bambino dal Niger, a causa del conflitto vissuto dal suo popolo. Per la seconda volta scappa da una guerra e arriva in Italia, prima a Lampedusa e poi a Trento.
Nell’estate 2019, dopo parecchi anni di assenza, ritorna in Niger, nella terra d’origine. Con gli occhi dell’uomo che è diventato e con alle spalle la sua storia, rivede la durissima esistenza di chi è costretto ad affrontare quotidianamente lunghi viaggi per rifornirsi d’acqua e sente la responsabilità di non poter restare a guardare.
Al rientro da quel viaggio, nel settembre 2019, unicamente con le sue risorse economiche e guidato da coraggio e fermezza, Mussa decide di avviare un progetto per la sua comunità: creare condizioni di vita migliori ad Accarara, un’area desertica nel comune di Tokoukoute, a circa 70km da Agadez, capoluogo della regione dell’AIR, scavando un pozzo, piantando alberi, avviando coltivazioni e costruendo ripari: una lotta decisamente impari contro il deserto, difficilissima e piena di ostacoli. “Aman Iman”, “l’acqua è vita”, dice un proverbio in lingua Tamaschek, la lingua Tuareg. E così doveva essere.
Accarara si trova nel bel mezzo del deserto del Sahara nigerino, zona arida per circa 8 mesi all’anno a causa di una costante riduzione del periodo delle piogge dovuta soprattutto ad un marcato cambiamento climatico e ad un vento fortissimo che soffia incessante tutti i giorni. In quella zona vi stanziano Tuareg e Fula, popoli che ogni giorno affrontano fatiche immense per sopravvivere e lunghi viaggi per approvvigionarsi d’acqua.

Le piogge non arrivano tutti gli anni. Ne possono passare tanti senza una buona stagione di precipitazioni e per tale ragione molte persone abbandonano la loro terra, rifugiandosi in luoghi già abitati da altri in difficoltà, spesso causa di tensioni che determinano la necessità di spostarsi ancora più lontano. Alcuni si rifugiano nelle città, come profughi del deserto, costretti in situazioni di precarietà che prima o poi rendono necessario spostarsi ancora. L’unica attività praticata è una forma di basica pastorizia, esercitata esclusivamente per sopravvivere, con pochi capi di bestiame, soprattutto capre.
Le abitazioni sono zeribe costruite con rami intrecciati e teli. Il freddo dell’inverno e una scarsa quantità di legname disponibile, appena sufficiente per la preparazione del cibo, contribuiscono al diffondersi di patologie, soprattutto nei bambini. Le condizioni igieniche sono estremamente precarie e nella zona non esiste alcun servizio scolastico e sanitario.
Il luogo dello scavo è stato definito attraverso antiche sapienze secondo le quali la presenza delle formiche è indicativa dell’acqua: a partire dal formicaio si stabilisce un percorso a triangolo, di un certo numero di passi. Scavare lì non è come affondare nel burro e sbagliare luogo non è errore da potersi permettere, soprattutto se sai che devi contare solo sulle tue risorse. Per fortuna non è andata così.

Una picconata dietro l’altra: a 20 metri, larghezza due, una falda superficiale. A 32, una falda di grande portata e due mani al cielo in segno di ringraziamento. Quasi un anno di lavori realizzati dai fratelli, gente del posto e ragazzi esperti della città di Agadez.
Trovata la fonte, Mussa ha acquistato una pompa a benzina, che ha permesso di estrarre più agevolmente l’acqua per le persone, abbeverare gli animali e sperimentare le prime forme di coltura. Ha sostenuto la costruzione di alcuni ripari realizzati con mattoni di argilla fabbricati manualmente grazie all’acqua e al sole. E sono stati piantati i primi alberi…
Dopo un anno di faticosi lavori costati a Mussa enormi preoccupazioni, notevoli sforzi economici per finanziare l’impresa e qualche debito, nel luglio 2020, Ipsia del Trentino ODV e Bambini nel deserto, decidono di presentare una richiesta di finanziamento alla Regione Trentino Alto Adige per dare una svolta strutturale ai lavori e permettere a Mussa di proseguire il suo progetto con ulteriori importanti avanzamenti.
Ed è così che il pozzo è stato consolidato e approfondito di qualche metro, sono stati installati una pompa sommersa, l’impianto fotovoltaico per alimentarla, il serbatoio d’acqua, una fontana per la distribuzione e una canalizzazione che porterà l’acqua nell’area circostante. Alla realizzazione di quest’ultimi interventi hanno contribuito non solo la Regione Trentino Alto Adige, ma anche la Fondazione Gino Lunelli, il Comune di Trento, amici e donatori. A far da braccio operativo in Niger, Afaa, un’associazione tuareg.
Nel maggio 2022 il serbatoio d’acqua viene istallato ad Accarara, una torre d’acciaio che svetta nel deserto e successivamente iniziano i lavori di installazione dell’impianto fotovoltaico, della pompa e dell’impianto di irrigazione.
Mussa sta tutt’ora portando avanti questa intrepida impresa: ha avviato una grande recinzione per proteggere l’agricoltura dagli animali di passaggio, ha piantato altri alberi, ha avviato nuove colture e nuove iniziative potranno prendere campo. Tutto ciò rappresenta una speranza di vita migliore per la comunità, con la possibilità di svincolarsi da quei lunghi viaggi in cerca d’acqua e cibo e una risorsa per i nomadi in transito con il loro bestiame.